La benedizione mai data da un Pontefice«Signore, svegliati e vieni a salvarci»
Nella Chiesa
ai tempi del coronavirus sono i parroci che celebrano, soli, la messa in
diretta web, mentre il Papa va a piedi nel centro di Roma in quarantena a
pregare, a nome di tutti, davanti al crocifisso «miracoloso». È il Pontefice che
in una piazza San Pietro deserta e piovosa esordisce manifestando come «ci
siamo ritrovati impauriti e smarriti», e implora Dio di «non lasciarci in balia
della tempesta». «Svegliati Signore! Salvaci!», grida Francesco, richiamando il
passo del Vangelo in cui i discepoli sono atterriti dalla burrasca e Gesù
dorme. E poi dà la speciale benedizione Urbi et Orbi, sì, quella di Natale e
Pasqua, a cui in genere assistiamo distrattamente con i calici in mano davanti
a tavole imbandite. E concede anche l’indulgenza plenaria, per i cristiani una
grazia straordinaria che «guarisce» completamente l’uomo. La Chiesa ai tempi
del covid-19 è l’arcivescovo di Milano che sale sul tetto del Duomo per
supplicare protezione alla «Madunina», mentre in centinaia di paesini o grandi città
si fanno o rinnovano voti ai santi patroni per invocare la salvezza, come non
avveniva dai tempi della guerra. O della peste. Scene in mondovisione o in
streaming che entrano nella storia, planetaria e locale. Mentre, chissà, magari
chi è costretto a casa dall’isolamento di massa, di fronte al proprio parroco
su YouTube, o alle immagini del Papa a piedi in via del Corso che incrocia l’incredulità
di un ciclista, riscopre barlumi di una fede più profonda. O si cimenta in una meditazione
intima sul mistero di Dio. Sul senso dell’esistenza e di quello che facciamo –
o facevamo – ogni giorno. Sulla vulnerabilità umana, via inevitabile per la
vita eterna. Dove, assicurano i sacerdoti, sarà solo felicità. Condivisa, altro
concetto diventato così prezioso in questi giorni di solitudini. Tante
parrocchie che si stavano svuotando stanno raggiungendo molte più persone in
queste settimane di «fitte tenebre che si sono addensate sulle nostre piazze,
strade e città», come ha detto il Papa. Un po’ è il tempo a disposizione degli «utenti»,
un po’ la disperazione che spinge ad aggrapparsi a Dio. Gli uomini di Chiesa potranno
fare tesoro di questo potenziale slancio – forzato ma tangibile – di
spiritualità, magari dissimulata, ma di cui si sta sentendo un bisogno inedito.
Lo ha percepito monsignor Mario Delpini, solitamente riservato, salito in cima
al duomo con un foglietto di carta per «compiere un gesto di risonanza pubblica,
in modo che nessuno si senta solo». Mentre la pandemia spaventa e chiude in
casa il pianeta, c’è una Chiesa che esce dalle sacrestie, usa con meno
sufficienza le nuove tecnologie e compie gesti eclatanti ma sinceri, dall’alto
valore simbolico, anche per chi non crede, e si impegna ad avere una presenza
più costante e confortante nel quotidiano – oggi angosciato – delle persone. Di
questo, di vicinanza, ha bisogno la gente. E di segni forti come l’apertura delle
strutture di molte diocesi per ospitare famiglie povere, con parrocchie che si
accollano anche il pagamento degli alberghi per i pazienti dimessi, per
liberare posti. «Ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per
conto suo, ma solo insieme», ha detto ieri sera Francesco. È il tempo «di reimpostare
la rotta della vita verso Dio e verso gli altri». Basandola su un punto che può
unire tutti, credenti e non: «La speranza, che mai delude ».
by
Domenico Agasso jr IL SECOLO XIX
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